Relazione tenuta da Stefania Burbo, focal point dell’Osservatorio, all’evento promosso dal Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca), in collaborazione con il Coordinamento Italiano delle Case Alloggio per persone con Hiv/Aids (Cica), nell’ambito delle attività del progetto La pena oltre il carcere, in occasione della Giornata mondiale contro l’Aids.

Hiv e Aids: uno sguardo globale (presentazione completa)

Abstract

Nel 2000 tutti gli Stati membri dell’ONU firmarono la Dichiarazione del Millennio, contenente otto obiettivi di sviluppo quantificabili (Millenium Development Goals – MDGs), ciascuno con i propri target, da realizzare entro il 2015. Uno dei tre obiettivi sanitari, il sesto, riguardava la lotta contro le principali epidemie, fra cui l’HIV ed è stato realizzato soltanto in modo parziale. Uno dei target dell’obiettivo 6 consisteva nell’arrestare entro il 2015 l’HIV/AIDS e iniziare a invertirne la diffusione ed è stato raggiunto, in quanto le nuove infezioni di HIV si sono ridotte approssimativamente del 40% fra il 2000 e il 2013. Un altro target correlato all’HIV – raggiungere entro il 2010 l’accesso universale alla terapia antiretrovirale – non è invece stato raggiunto, poiché nel 2015 soltanto il 46% delle persone con l’HIV aveva accesso alla terapia salvavita.

Oltre al sesto, altri obiettivi non sono stati realizzati o lo sono stati parzialmente, un miliardo di esseri umani vivono al di sotto della soglia di povertà, senza accesso all’acqua potabile o ai servizi sanitari. Nel 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) articolati in 169 target da raggiungere entro il 2030. Con l’Agenda 2030 è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo sul piano ambientale, economico e sociale. Tutti i paesi sono chiamati a contribuire allo sforzo di portare il mondo su un sentiero sostenibile, senza più distinzione tra paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo, anche se problematiche sono diverse a seconda del livello di sviluppo conseguito. Ciò vuol dire che ogni paese deve impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli SDGs, rendicontando sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’ONU. Soltanto un obiettivo è dedicato alla salute, il terzo, intitolato “Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età”, racchiude 13 target, fra cui il terzo recita “Entro il 2030, porre fine alle epidemie di AIDS, tubercolosi, malaria e malattie tropicali trascurate e combattere l’epatite, le malattie legate all’uso dell’acqua e altre malattie trasmissibili”.

Dal 2000 sono stati compiuti progressi notevoli nel campo della lotta contro lAIDS. Oggi 20 milioni di persone con l’HIV nel mondo hanno accesso alla terapia antiretrovirale, nel 2010 non erano neanche 8 milioni. Per centrare il target dellAgenda 2030 relativo alla lotta contro lAIDS, tuttavia, i progressi devono intensificarsi, soprattutto nelle regioni in cui lepidemia costituisce un onere elevato. Nell’Africa centrale e occidentale due persone su tre che vivono con l’HIV non hanno accesso alla terapia antiretrovirale; in Europa orientale e in Asia centrale le nuove infezioni di HIV sono cresciute del 60% dal 2010. Come ha evidenziato il direttore esecutivo di UNAIDS Michel Sidibé pochi giorni fa, “non possiamo avere un approccio a due velocità per porre fine all’AIDS”. E il mondo non potrà raggiungere gli SDGs – incluso quello sull’AIDS – se il diritto alla salute non sarà garantito a tutte e a tutti. La salute globale e in particolare la lotta contro le epidemie si intrecciano fortemente con il tema della difesa dei diritti umani. Per quanto riguarda l’HIV, ad esempio, le cosiddette “popolazioni chiave” (fra cui le persone che si iniettano droghe, i detenuti, gli/le operatori/rici del sesso, le persone transgender) sono a maggiore rischio di infezione a causa di stigma, discriminazione e di un contesto giuridico che punisce comportamenti considerati al di fuori della norma in diversi paesi. La disuguaglianza di genere è la causa principale della vulnerabilità all’HIV delle donne e delle ragazze. A livello globale, le giovani di età compresa fra i 15-24 hanno tassi di infezione due volte più alti di quelli dei coetanei maschi. Ad oggi, più di 7.000 giovani donne si ammalano ogni settimana e il virus è la principale causa di morte delle donne in età riproduttiva, ovvero dai 15 ai 49 anni, nei paesi a basso e medio reddito. Le donne costituiscono, quindi, una grossa percentuale delle persone affette da HIV/AIDS, perché spesso non hanno accesso alle informazioni e ai servizi necessari per la salute, in particolare quella sessuale e riproduttiva, che prevede anche la prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Il Fondo Globale e l’impegno dell’Italia nella lotta contro le epidemie

Il Fondo Globale per la lotta contro AIDS, Tubercolosi e Malaria è stato uno dei primi partenariati a coinvolgere governi, istituzioni, settore privato, società civile e comunità delle persone colpite dalle malattie. Ha iniziato a operare nel 2002, con l’obiettivo di contrastare AIDS, tubercolosi e malaria, che stavano devastando intere generazioni e affliggendo le popolazioni più povere ed emarginate del mondo. Dal 2002 al 2015 il Fondo ha contribuito a salvare 22 milioni di vite. Dopo una fase iniziale in cui l’Italia è stata tra i maggiori donatori del Fondo, è seguito un lungo periodo di disimpegno del nostro paese (2009-2013). Alla Conferenza di Rifinanziamento del Fondo nel 2013, l’Italia è tornata nel novero dei donatori, impegnando 100 milioni di euro per i tre anni successivi. Per il periodo 2017-2019 il nostro paese ha annunciato un incremento del proprio contributo del 40%, impegnando 140 milioni di euro.