Stefania Burbo, Focal point Osservatorio Aids, Durban
Si è conclusa a Durban la 21a Conferenza Internazionale sull’Aids. L’evento è tornato nella città sudafricana dopo 16 anni. Nel 2000 gli attivisti e gli scienziati denunciavano lo scarso accesso alla terapia salvavita antiretrovirale. Quest’anno il dato critico emerso è quello delle nuove infezioni fra gli adulti: da almeno cinque anni non si registra una loro diminuzione. E in Europa orientale, Asia centrale, nell’area caraibica, in Medio Oriente e nel Nord Africa sono in crescita.
Dalla sessione conclusiva della conferenza emerge un messaggio chiaro: dal 2000 ad oggi sono stati realizzati progressi straordinari nella lotta contro l’epidemia, che hanno permesso di salvare milioni di vite, ma ci sono nuovi traguardi da raggiungere. Celebriamo il successo di 17 milioni di persone in terapia, ma come arrivare all’obiettivo di 30 milioni entro il 2030?
Le diseguaglianze di genere continuano a esporre donne e ragazze a un maggiore rischio di infezione. Le leggi che criminalizzano le popolazioni chiave (chi fa uso di droghe iniettive, transessuali, sex workers e uomini che fanno sesso con altri uomini) rappresentano barriere all’accesso ai test e alla cura. I servizi integrati su misura per i giovani sono ancora carenti. Le comunità, che sanno cosa funziona e cosa no, non sono sufficientemente poste in primo piano.
È stato lanciato un monito: vi è uno scollamento fra i messaggi veicolati alla conferenza e la realtà, è necessario rompere di nuovo il silenzio e agire per contrastare l’ingiustizia sociale.
E infine, la mancanza di fondi. Secondo il rapporto della Kaiser Family Foundation e Unaids lanciato proprio a Durban, le risorse finanziare messe in campo dai donatori per sostenere la lotta contro l’Hiv nei paesi a basso e medio reddito sono diminuite per la prima volta nel 2015, dopo cinque anni.
A settembre si svolge la conferenza di rifinanziamento del Fondo Globale per la lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria: è indispensabile arrivare al traguardo minimo di 13 miliardi di dollari da investire nella lotta contro le epidemie nel prossimo triennio. Una diminuzione dei fondi si tradurrebbe nel lungo periodo in costi molti più elevati di quelli attuali, in termini di vite umani e finanziari.