Non c’è salute senza diritti umani, questo l’approccio scelto dalla 22° edizione della conferenza internazionale sull’Aids, che già dal titolo indica la via – Breaking Barriers, Building Bridges /Rompere le barriere, costruire ponti – e richiama l’attenzione sulla necessità di raggiungere più efficacemente le comunità vulnerabili, dall’Europa orientale all’Asia Centrale fino alle regioni africane e mediorientali in cui l’epidemia è in crescita.
In questa via tracciata, Amsterdam è la città a corsia preferenziale, da quando negli anni Ottanta l’Aids comparve sulla scena pubblica mondiale: da allora i Paesi Bassi sono conosciuti per aver messo in campo risposte efficaci, lavorando molto sulla prevenzione e l’inclusione delle fasce di popolazione a rischio, fra queste anche le/i sex worker, ma soprattutto tenendo insieme il mondo della ricerca medica e gli attivisti, la politica e la scienza, le persone che vivono con Hiv e il resto della popolazione, avendo particolarmente cura per i diritti umani e l’eguaglianza di genere.
L’edizione 2018 della conferenza si ispira a questa filosofia, anche scegliendo di assegnare il premio “Prudence Mabele” – nome della prima donna nera sudafricana a dichiarare pubblicamente di essere sieropositiva – a Duduzile (Dudu) Dlamini, anche lei attivista sudafricana, sostenitrice dei diritti e salute delle sex workers, fondatrice di Mothers for the Future (M4f) e ambasciatrice di The Coalition for Children Affected by Aids.
Il Prudence Mabele Prize, il più grande premio monetario mai assegnato in una conferenza internazionale sull’Aids, è stato assegnato a Dlamini per il grande lavoro che svolge per tutelare la salute e i diritti umani delle lavoratrici/lavoratori del sesso: “conosco personalmente le loro lotte, ho visto come l’abuso di potere sulle prostitute da parte di governi, polizie e sistemi sanitari abbia reso le lavoratrici del sesso e i loro figli particolarmente vulnerabili e a rischio hiv, povertà, sfruttamento – ha dichiarato Dlamini –Sono onorata di ricevere questo premio che permetterà di continuare la battaglia per la giustizia per tutte loro”.
Un riconoscimento importante per proviene da un paese come il Sudafrica con più di 7 milioni di persone che vivono con l’Hiv e il più grande programma di trattamento al mondo con 4,4 milioni di persone in terapia antiretrovirale [Unaids e Global Fund]. Secondo i dati Unaids presentati ad Amsterdam il Sudafrica è molto vicino al raggiungimento degli obiettivi di trattamento 90-90-90: il sondaggio effettuato ha rilevato che l’85% delle persone che convivono con l’Hiv conoscevano il loro stato, il 71% delle persone che conoscevano il loro status stavano accedendo al trattamento antiretrovirale e l’86% delle persone che avevano accesso al trattamento aveva soppresso i carichi virali.
Ma in generale le donne restano quelle più vulnerabili e alla vigilia dell’apertura ufficiale dei lavori le disparità di genere sono sottolineate da più parti: una donna su tre a livello globale subisce violenze fisiche e sessuali che inibiscono anche l’accesso ai servizi per Hiv, così come per le giovani donne e le bambine da un lato i matrimoni precoci e dall’altro una cattiva educazione sulla salute sessuale e riproduttiva sono una barriera ulteriore per eliminare l’epidemia, ricordano le attiviste di She Decides: “se in una scuola anziché spiegare e parlare di contraccezione si dice alle/i giovani di non fare sesso, non si va da nessuna parte”.